sabato 27 febbraio 2010

Algarve, è già super Contador

Dal 26 luglio dello scorso anno sembra passato solo qualche giorno. Invece sono passati più di sette mesi, più di mezza stagione, quasi una vita, ciclisticamente parlando. Tutto è mutato: dopo anni di vacche grasse italiane, un australiano di nome Cadel indossa la maglia iridata di campione del mondo; il nostro commissario tecnico, il mitico Ballero, ci ha salutati seguendo la strada segnata dal destino canaglia; Lance Armstrong, per continuare l'incredibile sogno di vincere l'ottavo Tour de France a 38 anni suonati, ha fondato una squadra tutta sua, saccheggiando tecnici e gregari di Alberto Contador all'Astana. Contador, per l'appunto. L'unica cosa che non è cambiata è il suo dominio, che già aleggia come una terribile ombra sul capo degli sventurati rivali anche per questa stagione.

Sembra poco, dicevamo, eppure è passato del tempo, tanto tempo, da quando Alberto da Pinto, sobborgo di Madrid, è salito per la seconda volta in carriera sul gradino più alto del podio al Tour. Perchè non appena rimessosi in sella, ancorchè in una corsa non di primissimo piano, Contador ha preteso che venisse da subito applicata la sua durissima legge, e gli avversari diretti che hanno avuto il privilegio di vederlo da vicino in Algarve hanno dovuto pagare sanzioni molto salate. Se il buongiorno si vede dal mattino (cioè da Febbraio, che è un pò il mattino della stagione ciclistica), per la concorrenza saranno dolori.

I corridori, anche qualcuno di importante, vengono volentieri alla Volta ao Algarve perchè, nonostante sia pieno inverno, la temperatura mite del Portogallo meridionale consente di proseguire senza traumi la preparazione ed al contempo di disputare una corsa tutto sommato competitiva. Ma quest'anno il clima sembra avere un conto in sospeso con la carovana, e come già accaduto al Mediterraneo la settimana scorsa, vento e pioggia hanno contrassegnato una delle edizioni più fredde nella storia della kermesse lusitana. Com'è ovvio, detti contrattempi non hanno turbato minimamente Alberto da Pinto, che chiamato così sembra un pittore cinquecentesco, ma anzi ne hanno rafforzato la convinzione.

Il sospetto che il fenomeno madrileno fosse già in una condizione spaventosa era venuto durante la prima tappa, la Faro-Albufeira, quando Alberto, a meno di 3 km da un traguardo per velocisti, ha piazzato uno scatto micidiale su un "dente" di un centinaio di metri. Poco più di un cavalcavia era dunque bastato per frantumare il gruppo e tagliare fuori quasi tutti i velocisti puri dalla speranza di vincere la tappa. Ma quello che davvero ha impressionato è stata l'azione inscenata dal due volte vincitore del Tour de France sull'unico arrivo in salita della Volta ao Algarve. L'Alto do Malhao è poco più di uno strappo (2,8 km al 7,2 di pendenza media con punte all'11%), ma è bastato (e avanzato) per mandare gambe all'aria una concorrenza che inizia ad essere già parecchio preoccupata. In meno di 2km di azione solitaria, Alberto ha inflitto 14" al pur bravo portoghese Tiago Machado (uno che, se non si perderà, ha davanti a se un brillante futuro nelle corse a tappe), 22" a Leipheimer, 31" a Samuel Sanchez e 33" ad Andreas Kloden. Un massacro. Interessante notare come il secondo ed il terzo classificato (Machado e Leipheimer) appartengano al neonato team di Lance Armstrong Radio Shack, un sodalizio che tutto vorrebbe tranne che prendere sonore bastonate da Contador per l'anno intero, ma tant'è. Inoltre, cosa non trascurabile, la "nuova" Astana di Beppe Martinelli ha dimostrato di essere già in palla e Alberto Contador sembra essere molto soddisfatto del lavoro di compagni che - quest'anno si - sono completamente votati alla sua causa.

Varrebbe la pena infine ricordare che Contador ha vinto la classifica generale della Volta ao Algarve 2010, "difendendosi" nella cronometro finale (da Lagoa a Portimao per 17,2 km) che ha concluso al secondo posto staccato di 13" da Luis Leon Sanchez, uno che d'inverno va fortissimo, e nella classifica generale ha preceduto lo stesso Leon Sanchez di 30" ed il bravissimo padrone di casa Machado di 32". Poi certo, è inizio stagione e per i grossi calibri queste gare rappresentano un'appendice della preparazione invernale, ma se fossi nei panni di chi dovrà contrastare con ogni mezzo Contador la prossima estate beh, non dormirei sonni propriamente tranquilli.

mercoledì 17 febbraio 2010

Francesco e Rinaldo, spettacolo azzurro al Méditerranée. Ma vince Valverde

Il Giro del Mediterraneo è ormai un classico di inizio stagione, oltre che la prima mini corsa a tappe di prestigio a svolgersi in Europa. Tradizionalmente generoso con gli italiani, che nelle ultime venti edizioni hanno portato a casa ben sette successi, il Tour Méditerranéen viene scelto da molti per il suo percorso misto, per le sue frazioni non lunghissime ma molto intense e, massime, per il clima favorevole che la Francia meridionale sa offrire ai corridori anche in febbraio, e che permette loro di prepararsi al meglio in vista delle prime grandi corse di primavera.

Il grosso problema dell'edizione appena conclusasi risiede principalmente nel fatto che di clima gradevole non c'è stata nemmeno l'ombra. Tutt'altro. Potremmo parlare, viceversa, di clima assolutamente sgradevole. Pioggia, tormenta, temperature impossibili e addirittura neve - che in Provenza non è facilissima da trovare - hanno caratterizzato la 37a edizione della corsa francese, causando non pochi problemi ai partecipanti e agli organizzatori. Ma andiamo con ordine. La corsa quest'anno è partita da Carcassonne, splendida cittadina sudista nel dipartimento dell'Aude, per una breve prima tappa che ha portato il plotone a Sauvian. Solo 123 km, per di più piatti come un biliardo, hanno portato ad una prevedibile volata, dove l'habituè del Mediterraneo Hutarovich ha regolato i superstiti di giornata. Eh si, perchè fin da subito le sorprese non sono mancate. La tappa è stata infatti segnata da un vento terribile, e uno dei tanti ventagli ha fatto si che nel gruppo di testa giungessero solo 16 corridori (tra i quali i big Valverde e Vinokourov), mentre il resto della ciurma veleggiava oltre i due minuti.

La seconda tappa, la Peynier-Trets di 170 km, ha visto un'altra vittoria per la Française de Jeux del d.s. Madiot. Stavolta è toccato al quattro volte campione finlandese Veikkanen andare a segno, precedendo sulla linea gli autoctoni Baquet e Mombaerts. Anche la seconda frazione, in ogni caso, è stata segnata da un clamoroso imprevisto. A 300 metri dall'arrivo, infatti, il treno del team olandese Vacansoleil ha incredibilmente sbagliato strada, inducendo all'errore oltre mezzo gruppo. Errore umano oppure organizzazione imperfetta? Non lo sapremo mai, limitandoci ad annotare sul taccuino le grasse risate che ci siamo fatti.

La Greasque-Six Fours, di appena 113 km, ha sancito il tre su tre per la Française de Jeux ed il 2 su 3 per il velocista bielorusso Hutarovich, che sul traguardo della località balneare provenzale ha preceduto Baquet (ancora lui) e Drujon della Caisse d'Epargne. Tappa abbastanza anonima, per la verità, che ho comunque seguito volentieri poichè a Six Fours, la scorsa estate, ho trascorso una splendida vacanza, avendo tra l'altro la fortuna di mangiare dell'ottima tartare in località Le Brusc.

Ed eccoci alla quarta tappa, anche se sarebbe meglio dire "eccoci arrivati alla non tappa", visto quello che è accaduto nel tragitto da La Londe Les Maures a Bidot. Partire si parte, anche se con un'insolita temperatura attorno agli zero gradi. Sfortunatamente, però, il prefetto decide che al km 114 non è più il caso di andare avanti. Motivo: la strada ghiacciata mette a repentaglio la sicurezza dei corridori. In quel momento, con un vantaggio di 1'15 sul gruppo, sono in fuga El Fàras (Cofidis), Cornu (Skil Shimano) e Thiré (Big Mat). La giuria, non sempre con le idee chiarissime durante questa edizione, combina un casino: in un primo momento pensa di interrompere la tappa e farla riprendere a pochi km dall'arrivo ufficiale. Poi cambia opinione, decidendo di assegnare la stessa ad El Fàras il quale, al momento dell'interruzione, si trovava in testa. Alla fine, nello smarrimento più totale, si opta per annullare del tutto la tappa e di spedire la carovana al caldo negli alloggi di La Ciotat, sede di partenza della quinta ed ultima frazione.

E dalla cittadina provenzale, discreto porto mercantile e ambito centro balneare durante la bella stagione, ci si avvia verso Tolone (chissà perchè le città più grosse, oppure più famose, hanno sempre la traduzione in tutte le lingue), e più precisamente verso il Mont Faron, il promontorio che sovrasta il capoluogo del Var e che tradizionalmente decide il Giro del Mediterraneo. La salita non è lunghissima (5,5 km), ma il dislivello è di 494 metri, il che, facendo due conti, significa pendenza media del 9% circa, con punte che toccano l'11,5%. Rinaldo Nocentini, il leone di Montevarchi - soprannome meritatosi durante la strenua difesa della maglia gialla durante lo scorso Tour de France - è commovente, e lascia intendere intenti battaglieri in vista degli impegni di Marzo e Aprile, avuto riguardo della sua ottima condizione. Attacca una, due, tre, quattro volte. Ma non riesce a staccare Valverde, che lo seguirà fin sul traguardo del monte andando a vincere la generale con un vantaggio di due miseri secondi sul ciclista toscano. Ma le belle notizie per i colori azzurri non si limitano a Rinaldo. Perchè la tappa la va a vincere Francesco, il più forte dei tre fratelli Masciarelli, con una grandiosa azione solitaria che gli permette di tagliare il traguardo in beata solitudine e di riconquistare quel successo che gli mancava dal Giro del Lazio 2008, quando con un'azione suprema si mise alle spalle Pippo Pozzato e Danilo Di Luca.
Sul podio, oltre a Valverde e Nocentini, sale il kazako Iglinskiy. L'Embatido apre con il botto il 2010, anche perchè più avanti ancora non si sa se gli sarà permesso di correre. E' attesa per il prossimo marzo, infatti, la sentenza del tribunale arbitrale dello sport, che si dovrà pronunciare sul ricorso del ciclista iberico contro la sentenza del CONI, che gli impedisce di correre in Italia fino al maggio del 2011 per il suo presunto coinvolgimento nell'Operacion Puerto. A questo proposito, varrebbe la pena ricordare che venerdì scorso gli organizzatori della Vuelta a Murcia (la patria di Valverde) hanno reso noto che alla corsa non saranno invitate squadre Italiane. "Valverde non può correre in Italia, quindi le squadre italiane non sono gradite a Murcia, la città di Alejandro". Bene, molto bene. Tuttavia, non credo che saranno bieche rappresaglie come questa a cancellare l'enorme macchia dell'Operacion Puerto dal candido grembiulino del nuovo ciclismo, pulito e moderno, voluto e decantato da quella volpe di Pat McQuaid.

giovedì 11 febbraio 2010

Ciao Ballero, ci mancherai.

Scrivere di sport, e di corse in bicicletta in particolare, è il mio lavoro. Da un pò di tempo coltivavo però l'idea di creare un blog tutto mio dedicato a ciclismo e dintorni, ove esprimere nella libertà più assoluta la passione per lo sport più affascinante del mondo e per tutto ciò che ci gira attorno.

Dispiace, dispiace enormemente doverlo inaugurare disperandomi per la prematura e tragica morte del commissario tecnico della nazionale italiana Franco Ballerini, scomparso durante la mattinata di domenica 7 Febbraio nel corso di un rally a Larciano, nel pistoiese, al quale prendeva parte nelle vesti di navigatore al fianco del pilota Alessandro Ciardi. "Ballero", come tutti gli appassionati con affetto lo chiamavano, è stato un corridore dall'innato carisma e dalle grandi qualità tattiche, amato da tutti per la sua onestà e per la generosità che ne facevano uno dei ciclisti più amati dal gruppo. Passista potente, ha costruito la sua piccola leggenda sul pavé del Nord, partecipando a 13 edizioni della Parigi-Roubaix che vinse in due occasioni ('95 e '98). Nel 2001, anno della sua ultima esibizione, gli fu tributata un'incredibile ovazione nonostante fosse entrato al velodromo oltre la trentesima posizione. Resterà per sempre nella memoria la scritta "merci Roubaix" sulla canottiera sotto alla maglia da gara, simbolo di una passione lunga una vita e di una carriera.

Nel suo palmares anche una tappa al Giro d'Italia (a Morbegno nel '91), una Tre Valli Varesine e la Parigi-Bruxelles del 1990.

Franco era il ct della nazionale italiana dal 2001. In questo ruolo, che gli sembrava ritagliato addosso, ha vinto quattro titoli mondiali in linea con Cipollini, Bettini (2) e Ballan, oltre al mitico titolo olimpico conquistato ad Atene da Paolo Bettini in uno sprint senza storia vinto sul portoghese Paulinho. Non sarà facile rimpiazzarlo.

Ballerini lascia la moglie Sabrina e i due pargoli Matteo e Giammarco. A loro, a costo di essere banale, va la solidarietà di questo blog e di tutti quelli che davvero amano il ciclismo. Ciao Ballero, sarà difficile pensare a Sydney senza la tua guida ispirata.